Contratto di Convivenza
Una Battaglia per i Diritti
Quando si parla di contratti di convivenza in Italia, la maggior parte delle persone pensa a una procedura semplice e lineare. La realtà, però, è ben diversa quando uno dei conviventi è un cittadino straniero privo di regolare permesso di soggiorno. In questi casi, ci si scontra con una prassi amministrativa che nega un diritto fondamentale riconosciuto dalla legge.
La Legge Cirinnà (L. 76/2016) ha introdotto in Italia l’istituto delle unioni civili e dei contratti di convivenza, estendendo tutele e diritti anche alle coppie non sposate. Tuttavia, l’applicazione pratica di questa normativa presenta criticità significative quando coinvolge cittadini stranieri in situazione di irregolarità migratoria.
Il Problema
Il cuore del problema risiede in una circolare
del Ministero dell'Interno con la quale è stata data indicazione agli uffici anagrafe di non procedere alla registrazione dei contratti di convivenza quando uno dei soggetti è privo di regolare permesso di soggiorno.
Questa circolare amministrativa, pur non avendo valore di legge, viene applicata sistematicamente dai comuni italiani, creando una discriminazione di fatto.
La circolare ministeriale presenta diverse criticità dal punto di vista giuridico.
Prima di tutto, contrasta apertamente con la Legge Cirinnà , che non prevede alcun requisito di regolarità per la stipula dei contratti di convivenza. La legge stabilisce semplicemente che i conviventi debbano essere maggiorenni e non vincolati da matrimonio, unione civile o altro contratto di convivenza.
In secondo luogo, questa interpretazione restrittiva viola principi costituzionali fondamentali. L'articolo 2 della Costituzione, ad esempio, riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali dove si svolge la sua personalità.
La convivenza more uxorio rappresenta una di queste formazioni sociali, e il suo riconoscimento non può essere subordinato allo status migratorio dei soggetti coinvolti.
Inoltre, la circolare eccede i poteri del Ministero dell'Interno in materia di stato civile. Le competenze ministeriali in ambito migratorio non possono estendersi fino a limitare diritti civili fondamentali che trovano la loro fonte direttamente nella legge e nella Costituzione.
La Soluzione Giuridica
Di fronte al rifiuto degli uffici anagrafe, l'unico strumento efficace per ottenere il riconoscimento del diritto è un ricorso ex articolo 700 del Codice di Procedura Civile.
Questo strumento processuale permette di ottenere una tutela immediata quando sussiste il pericolo di un danno grave e irreparabile.
Il ricorso d'urgenza si basa su presupposti giuridici solidi. Il fumus boni iuris, ovvero "l'apparenza del buon diritto", è evidente considerando che la Legge Cirinnà non prevede alcun requisito di regolarità migratoria. Il periculum in mora, cioè il rischio di un danno irreparabile, deriva dalla negazione di diritti fondamentali legati alla vita familiare e alla tutela della persona.
La procedura prevede la presentazione di un ricorso al Tribunale competente, accompagnato dalla documentazione necessaria a dimostrare la sussistenza dei requisiti per la convivenza.
Il giudice, valutata la fondatezza della richiesta, può emettere un decreto che ordina al Comune di procedere alla registrazione del contratto di convivenza.
I Diritti Negati e le Conseguenze Pratiche
La mancata registrazione del contratto di convivenza comporta conseguenze significative per le coppie coinvolte.
I conviventi si vedono negati diritti fondamentali come la possibilità di prendere decisioni mediche per il partner in caso di emergenza, l'accesso alle informazioni sanitarie, e la tutela in caso di morte del convivente.
Dal punto di vista patrimoniale, l'assenza del contratto impedisce la regolamentazione dei rapporti economici tra i conviventi, creando incertezze e potenziali conflitti.
Inoltre, il mancato riconoscimento della convivenza può avere ripercussioni negative anche sui procedimenti di regolarizzazione migratoria, dove la stabilità della relazione affettiva può costituire un elemento rilevante.
Le conseguenze si estendono anche alla sfera psicologica e sociale.
La negazione del riconoscimento ufficiale della propria relazione affettiva rappresenta, dunque, una forma di discriminazione che colpisce la dignità delle persone coinvolte e il loro diritto a vedere riconosciuta la propria identità familiare.
Conclusioni: Un Diritto da Rivendicare
La questione dei contratti di convivenza con stranieri irregolari evidenzia come a volte sia necessario ricorrere agli strumenti giudiziari per far valere diritti che dovrebbero essere riconosciuti automaticamente dall'amministrazione.
La prassi discriminatoria dei comuni italiani rappresenta una violazione inaccettabile di principi costituzionali fondamentali.
L'esperienza maturata in questo settore mi ha insegnato che ogni caso ha le sue specificità e richiede un approccio personalizzato.
Tuttavia, la solidità del quadro giuridico di riferimento e la costante evoluzione della giurisprudenza in senso favorevole offrono buone prospettive per chi decide di intraprendere questa battaglia legale.
Se ti trovi in una situazione simile, non esitare a contattarmi per una valutazione del tuo caso. Il diritto a vedere riconosciuta la propria relazione affettiva non può essere negato a causa dello status migratorio, e gli strumenti giuridici per farlo valere esistono e sono efficaci.






